L’11 Agosto è morto Robin Williams.
Di norma, la notizia
della dipartita di un attore hollywoodiano dovrebbe solamente farmi esclamare
un “Ohhhh” davanti al notiziario seguito da un “quanti anni aveva?”,e nel giro
di soli cinque minuti tornare alle mie faccende quotidiane senza gran
trasporto.
Questa volta no. Durante la settimana ho riguardato i suoi film più
famosi, ci ho pianto sopra e mi è sembrato di vivere una perdita. Una perdita
in fatto di patrimonio artistico ed emozionale. Le pellicole più famose della
sua carriera hanno scandito gli anni della mia infanzia, vi sono all’interno i
momenti più divertenti vissuti nel mio
salotto all’epoca. Sono film che costituiscono buona parte del ricordo di quell’affaccio
alla vita, li riguardo e mi ritrovo in quella spensieratezza dove ogni cosa
sembrava eterna. Dove dà fastidio che la vera identità di Mrs. Doubtfire venga
scoperta in quel bagno e che Peter Pan, ormai dimentico del suo passato non
riesca a volare.
Sembra impossibile come una persona che non si conosce, per la
sua impareggiabile bravura, riesca a farti ridere con la stessa facilità con
cui ti fa commuovere. Impresso nelle mie lacrime c’è “Al di là dei sogni”, l’artistica
ricostruzione del paradiso e la nera rappresentazione dell’inferno, il distacco
materiale ed il ritrovarsi spiritualmente. E
“L’uomo bicentenario”: la fantascienza che riesce a creare amore, il
robot che ha sentimenti umani più puri dei nostri perché non li dà per
scontati.
Mi ha fatto effetto anche rivedere “Patch Adams”, in particolare gli
stralci recitati con Philip Seymour Hoffman, scomparso pochi mesi fa con una
siringa nel braccio. Soprattutto il fatto che in esso si parlasse così tanto di
suicidio e depressione … e di come interpretare certi ruoli magistralmente non abbia
dato loro la chiave di volta per affrontarli e batterli nella vita reale. Ho guardato
anche gli spettacoli di cabaret su HBO, le interviste da Letterman e “Good Morning
Vietnam” lasciandomi stupire dalla naturalezza con cui l’improvvisazione lo
animava.
Io sono particolarmente sensibile all’arte e affascinata da essa quando
la ritrovo florida in qualcuno. Perché l’arte è legame che in modo
internazionale ci annoda tutti, ci cinge la vita e ci
lega per chilometri di oceani e diversi paesi facendoci sentire un tutt’uno. Chi
ha la gran fortuna di saperla maneggiare, non solamente di saperne fruire, ha
un privilegio immenso: la capacità di condividere sé stessi con gli sconosciuti
e di riuscire a farsi compiangere sinceramente una volta morto da chi non l’ha
mai guardato negli occhi se non attraverso uno schermo.
Zevianna
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