Quando torno a casa la sera, o meglio la notte, di solito guardo
il cielo. A volte è stellato, a volte poco si vede se non nuvole. Trovo, nell’osservare
qualcosa di sconfinato come la notte che ci sovrasta, un sapore consolatorio
ad ogni sconfitta e un significato ad ogni vittoria.
Quando quella cosa che doveva succedere non ha avuto luogo,
se una stella ammiccandomi brilla lassù capisco che poco vale abbattersi,
perderci tempo sopra con stupide e insulse lacrime pensando al destino avverso.
E se invece finalmente quel qualcosa che speravo potesse un giorno accadermi è realmente
accaduto: un’occhiata lassù mi ridimensiona sempre, mi fa tenere i piedi
incollati a terra, per non illudermi troppo delle gioie e permettermi di goderle
nell’attimo in cui si avverano.
Nel mentre immagino che le persone a cui tengo lo facciano a
loro volta, che volgano lo sguardo in alto quando lo
faccio anch'io e respiro a pieni polmoni, assaporo l’istante, lo inglobo in me
facendolo diventare un neo sulla mia pelle.
Se penso a quale sia il momento in cui mi piace di più
vivere, quel momento è lì, nascosto in quei venti passi che distanziano il
garage dalla mia casa, camminati con il naso in su, quando nessuno mi vede e ho più consapevolezza di chi sono. Mi considero una realista, e ciò che
mette romanticismo nella mia vita, scombussolandone il cinico realismo, si
racchiude sempre in quel tratto di cortile.
Mi fa molto ridere (per non piangere) guardare sui social
network la gente che mette in bella mostra la propria vita; immortalando ciò che
dovrebbe essere intimo; mettendo alla mercé del pettegolezzo ciò che fa soffrire; o non proteggendo il bello che gli succede dagli estranei. La domanda
sorge spontanea: perché si deve così stupidamente piazzare la propria esistenza
sullo schermo di un pc?Mi sono da poco data una risposta: le persone che lo
fanno non hanno quel momento. Manca loro la piccola e propria abitudine di
interrogarsi dentro, di analizzare ciò che gli succede. Questo non per forza
guardando il cielo alle due di notte; ma anche rigirandosi nel letto o durante
una pedalata in solitaria. Se solo lo avessero non avrebbero poi bisogno del
parere di un altro(un commento sotto ad uno status) o del suo apprezzamento (un
like ad una foto) sulle vicende private della vita per nobilitarle.
Facebook, Twitter e compagnia bella hanno reso arida la
persona moderna stolta, così “sfigatamente” legata al giudizio altrui, al
compiacere chi poi in realtà, sotto a quel “mi piace”, se ne sbatte
profondamente. Consiglio spassionato: scrivete cazzate che non hanno la pretesa di stupire sul vostro profilo e non
tirate giù citazioni a caso di dubbia originalità da mettere sopra alla foto del
vostro pancione da donna incinta.
Zevianna

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