FIDATI DI NOI!

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giovedì 11 settembre 2014

11 Settembre 2001: quando il nero grattava l'azzurro.

È l’11 Settembre, sono passati tredici anni ormai dall’evento che sconvolse l’America … che ridusse a meno di zero le certezze del mondo occidentale … che ci fece fare per la prima volta i conti con il terrorismo di massa … varie e innumerevoli sono le formule utilizzate per descrivere tale data. L’11/09/2001 è un giorno di morte massiva seguita in diretta; e non durante un film americano doppiato. New York è la scenografia che accompagna il 99,9% delle pellicole d’azione; città virtualmente distrutta da innumerevoli truppe di ufo e finti alieni; nonché destinazione naturale di grappoli di meteoriti trivellate da Bruce Willis. C’è una macabra ironia in tutto questo, un perfetto connubio tra premonizione generale e poca fantasia forse.

Quando è successo ero una tredicenne con il telecomando in mano e la programmazione non forniva novità: tutti gli occhi erano puntati su quel simbolo in acciaio che collassava su se stesso. Cosa dire se non chiamare ogni parente per farglielo sapere? Tutti i miei, meno uno, stavano già guardando le stesse immagini. Mio papà invece, da meno di una settimana nel reparto di rianimazione di Borgo Trento, quello stesso giorno affrontava un intervento di poche speranze; mentre quelle tremila persone erano solo annoiate/indaffarate/in pausa caffè sul posto di lavoro o prendevano felicemente un aereo inconsapevoli dell’incredibile destino che gli si profilava davanti. Mio papà è vivo, loro no. Lui e i “pochi” che morirono sul colpo negli attentati hanno in comune l’aver vissuto quelle ore nella completa inconsapevolezza del loro impatto epocale. Quante persone possono dire lo stesso? Solo chi nella stessa data ha vissuto tragedie personali in grado di offuscare tutto ciò che vi satellitava attorno. Alla loro inconsapevolezza si contrappone l’annebbiata confusione di chi ha vissuto fino al crollo incastrato tra fuoco e scale, di chi era lì per aiutare altri, di chi telefonava con voce rotta mentre precipitava in volo, di chi si è suicidato non vedendo altra via. Ma la condizione che maggiormente mi rattrista per l’umanità (concetto che andrebbe grandemente rivalutato come sinonimo e rima baciata di crudeltà) è la condizione psicologica che accompagnava gli attentatori: cioè, al contrario, completa e lucida consapevolezza. Pieno e ponderato credo di prendere giusto posto tra i giusti con tale atto di nera umanità rappresentata da nero fumo. C’è chi in quella nube ha visto distintamente i tratti somatici del diavolo, perché è più facile forse dare alle tragedie un significato più grande ed incomprensibile, volto quasi a giustificarle. La verità è che era solo nero che si è levato in alto nel cielo per settimane, che ha ricoperto palazzi e strade, che si è nocivamente depositato nei polmoni di chi ha respirato quell’aria diventando futura malattia.

E poi vi sono le innumerevoli teorie del complotto le quali si susseguono come detonazioni una dietro l’altra su ogni piano, così simili a bombe precedentemente posizionate a tale scopo. La verità è che per noi ci si può solo rifare all’ufficialità, accettarla pensando che la reale ufficiosità non potrebbe non venire prima o poi a galla e rendersi infine conto che il terrore resta. Perché la paura è un virus che una volta installato nei sistemi operativi delle nostre coscienze non se ne va nemmeno smascherandone la fonte certa.

All’udito restano un sinistro boato, tante grida, le sirene, l’acciaio squarciato e la sua rovinosa caduta.
Alla vista un’ombra, la sorpresa e lo sgomento delle espressioni, le febbrili corse di paramedici e vigili del fuoco, più di cento piani che precipitano al suolo e il nero inframmezzato da detriti e fogli bianchi.
Alcuni numeri rimangono impressi sulle calcolatrici: 2.974 vittime (2603 sulle torri, 125 al pentagono,246 sugli aerei),più di 90 i paesi di appartenenza, 19  dirottatori, la torre Sud crolla alle 9.59 dopo un incendio di 56 minuti, la torre Nord alle 10.28 dopo un incendio di 102 minuti, più di 7000 gli agenti speciali dell’FBI coinvolti nelle indagini, 541 metri d’altezza la Freedom Tower (o One World Trade Center) del New World Trade Center.

New World Trade Center
C’è qualcosa di romantico nella parola “grattacielo” secondo me: la si pronuncia spesso senza scomporla, senza pensare a qualcosa di così alto come una torre che permette a chi sta sul suo tetto di solleticare la nebbia stando sulle punte e facendosi crescere giusto un po’ le unghie, troppo alta per non lasciare il segno una volta fatta arrivare al suolo e in grado di diventare dopo tanti anni storia vecchia se ignorata.

Zevianna

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