FIDATI DI NOI!

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lunedì 17 novembre 2014

L'insostenibile assenza di sinonimi della parola "tatuaggio".

Sto prendendo un caffè con Tizia, la quale tra un sorso e l’altro mi racconta di quanto il tatuaggio tribale che ha fatto ad altezza coccige le piaccia, sia bello, e rappresentativo della sua personalità e di come in qualche emblematico modo la faccia sentire più a proprio agio con il suo corpo. Mi piace Tizia perché a dispetto dei giudizi altrui e a difesa di un opinabile gusto estetico (data la localizzazione del suo tattoo e il soggetto scelto) non si vergogna nello sbandierare fieramente a tutti di avere un tatuaggio praticamente sul culo e anzi non indugia nel farne un vanto.

Sempronio, invece, che scorgo mentre si accende una sigaretta appena fuori dalla porta del tabacchino ha ferree opinioni politiche e correlati propositi “morali” che lo guidano in tutte le decisioni della sua vita ed ha incorporato sulla spalla il simbolo di tali prese di posizione. Poco condivido la sua scelta: ritengo pericoloso utilizzare la propria fisicità per farne il manifesto di ideali a volte espressione solo di frettolosi  giudizi e ingenua giovinezza. Perché l’idea è proprio qualcosa che si esterna a voce, che prende vita e forme attraverso la parola e che si plasma ascoltando le idee contrarie con vicendevole influenza; non si rappresenta appiccicandosela con finalità intimidatoria su un tornito bicipite per ammutolire i dissenzienti ed evitare il confronto.

Al bancone del bar arrivano presto anche Caio e Stico, come sempre in coppia. Il primo porta sparsi per il corpo tatuaggi simbolici delle sue passioni musicali e cinematografiche; ed ecco, la sua idea di tatuarsi il simbolo di “Arancia meccanica” piuttosto che il baffo di Freddie Mercury invece mi colpisce subito piacevolmente: oltre a condividerne i gusti, ritengo che le passioni siano una parte di noi stessi che non cambia con il tirare del vento ed il susseguirsi delle mode, andare fieri di ciò che appassiona è buona parte del processo di accettazione personale che tutti dovremmo affrontare e vincere.
Il suo compare, Stico, ha deciso invece di scriversi il nome della fidanzata sul polso. Questa la trovo al contrario una scelta molto infantile; che non ha giustificazione se non sul corpo di una persona affetta da amnesia cronica. Le relazioni sono mutevoli, non restano incatenate ad una parola d’inchiostro sotto pelle e se la dolce metà ha bisogno di conferme sulla capacità del moroso di scrivere il suo nome credo ci sia tant’altro di cui preoccuparsi. Sono sicura che se mai avranno figli si scriveranno anche il nome del primogenito vicino … e veramente mi chiedo, ma ne avete bisogno? Perché io non penso vorrei più bene ai miei vedendo il mio nome marchiato dietro al loro orecchio.


Io, al contrario, non posso raccontare loro delle mie esperienze con l’ago del tatuatore perché non mi sono mai impressa sul corpo nulla. Ai tempi del liceo ne avevo l’intenzione, volevo tatuarmi una stupida scenetta stilizzata (coinvolgente un castoro, vi basti sapere solo questo) appena sotto l’ascella. La voglia di allora è però scemata abbastanza velocemente e chissà … forse un giorno troverò un altro soggetto più convincente che non mi farà desistere dal volerlo sempre sulla mia pelle. Ma per ora mi godo la libertà di non essere vincolata a nulla; perché a volte sento associare il tatuaggio -dalle parole di chi ne ha- al termine “libertà” appunto e mi chiedo cosa dovrebbero mai avere in comune? Qualcosa che indelebilmente non ci lascia mai, che ogni giorno si riflette sullo specchio del bagno, che ci fa spiegare di anno in anno ai nuovi amici cosa simboleggia è proprio l’esatto contrario di ciò che è libero. Una cosa che per essere fatta abbisogna di tempo su un lettino passato a stringere i denti e che per finire necessita anche di un buon esborso di soldi è più assimilabile alla tortura direi io. Una tormentosa perdita di tempo associata ad una inevitabile perdita di denaro, denaro guadagnato che mi avrebbe potuto far pagare l’affitto; un’altra forma di costrizione, sì, ma necessaria. Oltretutto alla fine di questo post, comincio a provare estremo disappunto per una parola come “tatuaggio” che non ha alcun tipo di valido sinonimo nella lingua italiana e che mi ha costretto a non esercitare un minimo di capacità creativa per parlarne.

Zevianna   

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